Grande successo di pubblico e di contenuti per il primo forum pubblico dedicato ai problemi del servizio di sala.
Lunedì 27 novembre si svolto presso il palazzo dei Giureconsulti a Milano il convegno “Oltre i gesti. I testimoni del servizio di sala”, una giornata di studi e di confronto che ha coinvolto alcuni dei principali professionisti del mondo della sala e dell’accoglienza, ristoratori, cuochi e soprattutto la merce più preziosa per questo settore che soffre da anni una importante carenza di “vocazioni” ovvero i giovani che all’interno delle scuole alberghiere e di cucina stanno studiando per intraprendere la carriera di sala.
L’incontro è stato organizzato dall’Associazione Le Soste, dalla rivista sala&cucina, dalla Scuola Internazionale di Cucina Italiana ALMA e dall’istituto Carlo Porta di Milano, con il coordinamento di Mediavalue, agenzia di comunicazione specializzata in particolare nell’ambito enogastronomico ed editore della guida Le Soste.
La giornata è iniziata con qualche piccolo inconveniente dovuto alla inattesa affluenza di pubblico che ha costretto gli organizzatori a dover provvedere alla proiezione in diretta degli interventi anche in una seconda sala, un successo di pubblico segnale inequivocabile della centralità di questo tema nel mondo della ristorazione.
Claudio Sadler (Sadler, Milano) in qualità di presidente Le Soste ha aperto i lavori salutando l’assemblea e ricordando quanto siano fondamentali nel successo di un ristorante la cura dei momenti dell’accoglienza, del servizio e del congedo degli ospiti. “Personalmente, ha detto Sadler, tra i miei collaboratori non faccio nessuna differenza fra chi lavora in sala, in amministrazione e in cucina. Sono tutti allo stesso livello e tutti contribuiscono in pari misura al nostro successo”. Anche Mario Benhur Tondini, presidente delle edizioni Catering, editore di Sala&cucina ha messo in evidenza come vi sia la necessità di avviare un percorso di valorizzazione di tutte la professioni di sala ma questa azione deve partire in primo luogo da una maggiore consapevolezza degli stessi protagonisti ricordando a questo proposito i risultati di un’indagine condotta intervistando un campione rappresentativo di camerieri dai quali emerge un dato che fa riflettere: in italia i camerieri soddisfatti e orgogliosi del proprio lavoro sono appena 20mila, ovvero un numero quasi irrisorio rispetto al totale delle persone che lavorano nelle sale dei ristoranti e dei bar del nostro Paese.
C’è ancora molto da fare sul fronte della valorizzazione culturale delle professioni di sala e quanto sia ancora lunga la strada da percorrere tutti assieme (ovvero l’intero sistema della ristorazione), lo ha raccontato con un piccolo ma significativo aneddoto Renata Fugazzi, per quarantanni inseparabile alter ego in sala di Ezio Santin all’Antica Osteria del Ponte, il ristorante che ha dato inizio (con il Gualtiero Marchesi di via Bonvesin de La Riva e poche altre insegne) alla nascita della moderna cucina italiana. “Per tanti anni – ha detto Renata che ha portato la sua testimonianza assieme al marito – ho condiviso con Ezio sacrifici e soddisfazioni dando un contributo fondamentale al successo dell’Antica Osteria del Ponte. Eppure quando in casa mi soffermo a guardare la parete che raccoglie i tantissimi riconoscimenti ricevuti in questi anni non ne trovo nessuno che sia dedicato personalmente a me”. Poco importa conclude Renata perché “le soddisfazioni vissute rimangono nel mio cuore e nella testa e rappresentano il vero scopo della vita che io e Ezio abbiamo vissuto insieme nel nostro ristorante”.
Ma la soddisfazione personale non basta a superare quello che invece a livello di sistema rappresenta un vero e proprio gap della nostra ristorazione. “Se parliamo di cucina . ha rilevato nel suo intervento nella tavola rotonda del pomeriggio il direttore della Guida L’Espresso Enzo Vizzari – noi italiani non siamo secondi a nessuno ma se invece parliamo di sala e di accoglienza, tolte alcune poche eccezioni, abbiamo ancora molto da imparare (in particolare dai francesi ma non solo da loro)”.
Per colmare questo gap è necessario quindi rimboccarsi le maniche, lasciare da parte i luoghi comuni che fino ad oggi hanno contraddistinto la visione della sala e dei suoi problemi e cominciare a far parlare in prima persona i protagonisti, come è stato fatto proprio in occasione di questo convegno. Poter ascoltare direttamente coloro che giorno per giorno con le loro esperienze, i loro tentativi, i successi e gli insuccessi operano nelle sale, nelle amministrazioni e nelle scuole professionali accanto e al fianco delle cucine.
Oggi, come ha sottolineato Mario Benhur Tondini, “il cameriere non è più un semplice portatore di piatti ma lui e i suoi colleghi di sala sono dei portatori di conoscenza”. Saper raccontare un piatto, un vino, un ingrediente, saper capire, accogliere e intrattenere il cliente; saper gestire gli imprevisti di una serata e trovare la formula più adatta per il commiato sono tutti elementi che possono rendere davvero unica un’esperienza gastronomica ma per riuscire a fare questo non bastano le doti naturali e l’intuito, ma occorre capacità di analisi dei dati, professionalità, applicazione. .
Le strade che si possono percorrere per raggiungere questo obiettivo come hanno dimostrato le trenta esperienze personali proposte nel corso della giornata di lavori possono anche essere diverse. Alcune di queste strade sono state raccontate direttamente dai grandi maestri della italiana (come Marco Reitano, sommelier di Sala a La Pergola, Francesco Cerea del Da Vittorio e altri ancora fino al più grande di tutti Antonio Santini (Dal Pescatore) calorosamente salutato con un lungo applauso nel suo intervento al dibattito pomeridiano). Altre testimonianze hanno portato in prima linea la sala vista dal lato degli chef e della cucina (Gualtiero Marchesi, presente con un suo messaggio letto da Enrico Dandolo, AD del gruppo Gualtiero Marchesi, Claudio Sadler, Ilario Mosconi). Si sono succeduti in sala anche i numerosi operatori della formazione provenienti dal mondo dell’istruzione pubblica (l’Istituto Carlo Porta) e privata (come ALMA presente con il direttore generale Matteo Sinigaglia e con Roberto Gardini Direttore del Corso Superiore di Sala, Bar&Sommellerie) oppure come e la neonata Intrecci rappresentata da Dominga Cottarelli. E ancora … i rappresentanti di categoria (cuochi, sommelier, personale di sala), amministratori e dìrettori di ristoranti e alberghi. Ma soprattutto, per la prima volta in occasioni di incontri di questo genere, hanno avuto possibilità di parola i ragazzi, tutti giovanissimi, i migliori rappresentanti di quei giovani (ancora troppo pochi purtroppo) che escono ogni anno dai vari corsi e che si trovano ad iniziare un percorso professionale ricco di prospettive e di possibilità ma in realtà così poco appetito e conosciuto dai loro coetanei.
Tutti questi protagonisti hanno raccontato percorsi diversi verso l’eccellenza della sala. Sono certamente diversi ad esempio gli approcci proposti da Vincenzo Donatiello da un lato e da Michil Costa dall’altro. Il maître del Piazza Duomo, ristorante tre stelle Michelin, ha predisposto per tutto il personale di sala delle dettagliate linee guida che codificano il modo migliore di gestire le numerose situazioni che si possono verificare nell’accoglienza e durante il servizio, qui nulla o quasi è lasciato al caso; mentre il creativo (e alternativo) patron de La Stua di Michil e dell’Hotel Perla in Val Badia ha raccontato la sua visione di leadership che nasce dalla più ampia condivisione di conoscenze ed esperienze con tutti i collaboratori. Tante strade dicevamo per un unico obiettivo: “capire le persone, studiare le situazioni, far stare bene le persone e soprattutto, anticipare situazioni ed emergenze”. E’ questo ciò che deve fare il personale di sala (le parole sono di Antonio Santini) e per fare questo la passione è fondamentale ma non basta. Quello che conta è anche la capacità di analisi e di condivisione delle informazioni, l’azione coordinata e di squadra di tutti i reparti del ristorante verso il fine ultimo del benessere del cliente. Se la ristorazione italiana riuscirà a colmare le distanze che in questo campo ancora la separano dalla grande ristorazione internazionale, riuscendo però a conservare in questo passaggio quelle qualità umane e relazionali che da sempre ci contraddistinguono, allora riuscirà non solo a colmare il gap esistente nei confronti della grande ristorazione internazionale ma a porsi anche come un punto di riferimento di un nuovo modo di vivere l’esperienza gastronomica attento a valorizzare da un lato la vera essenza di un territorio e dall’altro il valore dei rapporti e delle relazioni umane ponendosi alla guida di un “nuovo rinascimento” nell’arte di accogliere le persone.